Lettere nella storia – Parte II

Lettere nella storia – Parte II Da Andy Warhol alle «10 letters a day»

Sticky Fingers, o perché la copertina di Andy Warhol ha lasciato il segno sul disco dei Rolling Stones

Fonte:<br />5ª edizione di «Letters of Note»<br />Copyright © 2013 by Shaun Usher<br />Copyright © 2014 in lingua tedesca di Wilhelm Heyne Verlag, Monaco gruppo editoriale Random House GmbH

Durante la preparazione del leggendario album «Sticky Fingers», i Rolling Stones si rivolsero a Andy Warhol, uno degli artisti della Pop Art più influenti dell’epoca, chiedendogli di creare una copertina per il disco. Warhol acconsentì e presto ricevette una lettera dal leader della band, Mick Jagger, il quale gli chiedeva di mantenere un design non troppo complesso, per evitare problemi in fase di produzione. Warhol, come ogni vero artista, ignorò completamente le istruzioni di Jagger. Creò quindi una cover indimenticabile che raffigurava i jeans deformati dell’attore Joe Dallessandro, uno dei modelli preferiti da Warhol, con una vera chiusura lampo. Proprio quest’ultima creò non pochi problemi, non solo in fase di produzione, ma anche e soprattutto perché graffiava il disco, con grande disappunto di molti fan degli Stones.

«Bruciate le vostre leggi e fatene di nuove», o come Federico II e Voltaire illuminarono il mondo

Federico II visse dal 1712 al 1786 e fu noto come Federico il Grande, anche se il popolo lo chiamava il «vecchio Fritz». Il rapporto epistolare tra Federico II e il filosofo e scrittore francese Voltaire (1694–1778) è uno dei più famosi della storia. Per quarant’anni si scambiarono numerose lettere, nelle quali discutevano di filosofica e politica, etica, storia e letteratura, delle proprie opere poetiche ma anche della loro vita privata. Entrambi si consideravano difensori dell’illuminismo, oppositori della superstizione e del fanatismo: «Bruciate le vostre leggi e fatene di nuove!» Questo scambio epistolare contribuì enormemente alla trasformazione di Federico II in un sovrano illuminato. Egli stesso si definiva infatti «il primo servitore dello Stato». Attuò profonde riforme della società, abolì la tortura e promosse lo sviluppo del sistema educativo. Questa raccolta di lettere è una testimonianza unica dell’epoca, in termini di ampiezza e varietà tematica.

Ten Letters a Day, o come un bambino di sei anni ha cambiato un po’ il mondo di Obama e forse anche il nostro

Quando fu eletto, il Presidente americano Barack Obama si prese l’impegno di leggere dieci lettere ogni giorno. Fu così il primo presidente nella storia a occuparsi in modo assiduo della corrispondenza ricevuta dai suoi connazionali. Ogni pomeriggio vero le 17, una selezione di lettere veniva inviata dalla cosiddetta «sala di lettura» nell’ufficio ovale. Le «10LADs», come vennero chiamate con il tempo, cioè ten letters a day (dieci lettere al giorno), facevano il giro tra i collaboratori di alto rango della Casa Bianca, fino a giungere nella cartella per il briefing che Obama portava con sé ogni sera nei suoi appartamenti privati. Ad alcune lettere rispondeva personalmente a mano, mentre su altre inseriva delle indicazioni per il suo team incaricato di rispondere. In alcune appuntava «CONSERVARE» e di tanto in tanto inseriva qualche passaggio nei suoi discorsi.

Tra queste c’era la lettera di Alex, un bambino americano di sei anni, che offriva un posto a casa sua a Omar, un giovane siriano di Aleppo, e chiedeva a Obama di andare a prenderlo e di portarlo «a casa»: «Gentile Signor Presidente, ti ricordi del bambino che in Siria era stato soccorso da un’ambulanza? Puoi, per favore, andare a prenderlo e portarlo a casa? Fermati all’ingresso o sulla strada. Vi aspetteremo con bandiere, fiori e palloncini. Farà parte della nostra famiglia, diventerà nostro fratello. Catherine, la mia sorellina, raccoglierà farfalle e lucciole per lui. Nella mia scuola c’è un bambino siriano. Gli presenterò Omar e giocheremo insieme. Possiamo invitarlo ai compleanni e lui ci insegnerà la sua lingua. Se non ha dei giochi, Catherine gli può dare il suo coniglietto bianco a righe. Io invece gli presterò la mia bicicletta e gli insegnerò ad andarci. Voglio anche insegnargli a contare».

Obama citò questa lettera durante un discorso alle Nazioni Unite come un esempio di «quanto possa insegnarci» un bambino di sei anni. «L’umanità di un bambino ci insegna che cosa significa non essere cinici, diffidenti, né timorosi nei confronti delle persone che vengono da altri paesi, hanno un aspetto diverso oppure professano una religione differente», afferma Obama, «Alex può insegnarci tutto questo». Forse questa lettera non avrà cambiato il mondo, ma sicuramente lo ha emozionato.

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